RINCORRERE IL TEMPO CHE FUGGE

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“CARPE DIEM” = “COGLI L’ATTIMO”.
Quell’attimo che fugge sempre e la brevità della vita esortano l’uomo a non pensare al domani; perciò nel presente occorre cercare la felicità, piuttosto che attenderla in un futuro, più o meno lontano, di cui non si ha certezza alcuna.
È da queste riflessioni che nasce il Carpe diem di Orazio nell’ ode a Leuconoe: non sciupare il presente per indagare su un domani incerto di cui non siamo padroni, nel vano tentativo di conoscere il proprio destino, mettendolo in guardia dalla volontà degli dei.

Il futuro non deve essere motivo di vane speranze e paure, ma occorre vivere con intensità e assaporare la vita attimo dopo attimo.
Ma Orazio non è stato l’unico poeta a discutere sulla fugacità del tempo. Prima di lui possiamo notare questo topos poetico in Catullo nel Carme V. In questa lirica, il poeta esorta Lesbia, la donna tanto amata dal poeta latino, ad abbandonarsi al sentimento dell’amore e a viverlo intensamente: le ricorda che il sole tramonta e rinasce, ma la vita dell’uomo è breve ed è seguita da una notte eterna. Bisogna così moltiplicare i baci all’infinito e mescolarli per sottrarsi all’invidia del tempo e fronteggiare così la sua inesorabile fuga. Anche un poeta fiorentino del Quattrocento, Lorenzo De Medici, nella Canzone di Bacco e Arianna affronta il tema del tempo che fugge e invita a godere del presente. Difatti la canzone, se da un lato esorta a vivere e a godere dei piaceri della vita, dall’altro è pervasa da una profonda malinconia che nasce dalla consapevolezza del trascorrere del tempo, della giovinezza che fugge e della bellezza che sfiorisce. Lo stesso Francesco Petrarca nel Canzoniere elabora in chiave personale un tema classico, come quello della fugacità del tempo. Nella riflessione sul passare del tempo ingloba in sé l’invecchiamento, il deteriorarsi del corpo, l’idea della morte, l’idea della fine, il senso delle scelte che si compie se poi si muore, un’estrema tensione drammatica che arriva fino al punto da prospettarsi il suicidio, se non fosse per la pietà che il poeta ha di se stesso. La fugacità è descritta con l’uso d’immagini rapidissime: la vita che corre veloce, e la morte, che le viene dietro a marce forzate, vengono rappresentate come due eserciti che si affrontano sul campo di battaglia. “SUCCHIA LA VITA FINO AL MIDOLLO”: questa è una frase-chiave del film “L’ATTIMO FUGGENTE”. Sì, perché la vita, la sola che si ha, vale la pena di essere vissuta, assaporandone sino all’ultima goccia la gioia e l’amarezza, conoscendone la magia e capendone l’importanza. Il professore Keating trasmette ai ragazzi valori importanti (la passione per la poesia, ad esempio), esalta il motto “carpe diem” e raccomanda loro di essere sempre protagonisti della propria vita, di rifiutare il conformismo, di reagire poiché i pensieri e le parole, prima o poi, cambiano il mondo. Nonostante questo egli non riesce ad insegnargli a non arrendersi dinanzi alle difficoltà, a lottare con tenacia e caparbietà; tanto che la conclusione a cui alcuni suoi studenti giungono, è che non ha senso vivere se non si trovano o non si possono realizzare i propri sogni.
Togliersi la vita dimostra per caso che si ha una forte personalità distinta dalla massa? No, al contrario il suicidio dimostra la debolezza dello spirito umano, che vede la morte come la via d’uscita migliore, quella più comoda, che risolverebbe improvvisamente ed indiscutibilmente tutti i problemi, ma che in realtà ci porterebbe via quell’inestimabile dono che Dio ci ha dato.
I momenti brutti si possono superare, e comunque la vita, che è solo nostra, è per questo così bella e coinvolgente.
Il professor Keating, afferma:

La vita è un dono meraviglioso e spesso si sofferma troppo sulle piccolezze, lasciando così sfuggire degli eventi realmente significativi, ma è pur vero che in ogni caso sbagliando si impara. Il rimpianto è utile nella misura in cui serve da lezione, e pertanto aumenta il bagaglio di esperienze da non rifare.
È più conveniente cogliere l’attimo e capire di aver sbagliato, piuttosto che perdersi in mille pensieri e poi avere altrettanti rimpianti.

MONICA LEANZA IV A

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