Il passato è certo,il futuro è certo,il presente è breve : vivilo

images CH

Quanto tempo si perde in occasioni inutili, dietro futili impegni senza costrutto? Eppure pesa sulla gente l’idea che il tempo corra sempre veloce, che sfugga, che scivoli via troppo in fretta e che la vita, in una parola, sia troppo breve. Seneca nega, tuttavia, che la vita sia breve, sostenendo che essa appare tale a chi non ne fa buon uso, ma che in effetti è satis longa, abbastanza lunga, anzi, large data, anche troppo abbondante, per coloro che sanno spenderla bene. Egli inoltre precisa che è proprio l’uomo a rendere breve la vita, impegnandola in attività pubbliche o private e dedicando agli altri quel tempo che invece si dovrebbe dedicare a se stessi. Diversi sono i punti di vista, in relazione alla società in cui si vive, alla vita che si conduce o all’età che si ha.

Fin da quando si è bambini si guarda al futuro, spesso gli adulti chiedono loro cosa vorrebbero essere da grandi e questi rispondono di voler diventare principesse, super eroi, astronauti; da adolescenti le risposte iniziano a cambiare: insegnanti, medici, avvocati; si diventa ambiziosi e soprattutto consapevoli che dopo la scuola li attende un mondo inesplorato, del tutto nuovo dove possono diventare qualcuno, dove possono crearsi una famiglia, fare nuove amicizie e porre le basi per il loro futuro . Spesso infatti si vuol fuggire via dal proprio paese, si pensa a come sarà la vita lontano dai genitori e liberi di fare ciò che si vuole. Ma il pensiero per le cose future spesso distrae da quelle presenti e per tanto si vive una vita misera, frivola, quasi a metà, non riuscendo a godere a pieno di ogni singolo momento, poiché vi è sempre sgomento e attesa per il futuro. Al contrario durante la vecchiaia la maggior parte degli uomini rimprovera la natura di essere stata avara per aver dato una vita così breve e così veloce che abbandona l’uomo prima ancora che egli si accinga a sperimentarla. Questo fatto che Seneca sostiene, considerano tutti una disgrazia e provoca il risentimento e le lamentele non solo del volgo ignorante ma persino di uomini colti e famosi, che hanno la medesima sensazione dell’uomo comune. Quindi col trascorrere del tempo la situazione cambia e la vita diventa rimpianto e ricordo dell’adolescenza: lontani appaiono i tempi dei primi amori, delle amicizie, di quella bellezza e di quella forza che erano tipiche della giovinezza e per tanto si inizierà a pensare al passato, alle cose belle che più non accadranno. E ancora una volta non si godrà a pieno del presente e di tutto quello che esso porta: l’affetto dei propri nipoti, la tranquillità, il calore della propria casa e gli ultimi istanti di vita divengono momenti di incoscienza, poiché si vive in una vita passata che è il semplice frutto di ricordi e fantasie. Il momento infatti non è vissuto per il suo intrinseco valore, ma come lancinante sentimento di una precarietà che travolgerà l’uomo in qualcosa di mutato e peggiore. In realtà non si dovrebbe mai pensare al futuro o al passato, si dovrebbe sempre valorizzare il presente, avendo la consapevolezza che domani si vivrà un altro giorno; diverso, nel bene e nel male. I giorni passano senza che l’uomo se ne accorga, ecco per quale motivo si deve godere di tutto quello che la vita offre: divertimenti, piaceri; tutto ciò non deve però essere interpretato e identificato come gretto opportunismo o come gaudente edonismo fine a se stesso. Infatti allo stesso tempo è bene vivere le fatiche e i dolori della vita, poiché tutte queste cose insieme rendono la vita dell’uomo speciale e imprevedibile allo stesso tempo. Senza il dolore non si potrà vivere a pieno la bellezza del piacere e della felicità, senza la morte non si potrà mai capire quanto sia effimera e sfuggevole la vita e quanto sia fondamentale viverla giorno per giorno. Lo stesso Orazio, autore latino del I sec. a.C., affronta questa tematica dal punto di vista di una filosofia di vita che incoraggia a vivere al presente, cogliendo appunto le occasioni che ci vengono proposte senza “pensare al futuro” . Egli infatti scrive: «Tu non chiedere, è proibito saperlo, qual fine a me, quale a te hanno posto gli dei; non tormentare , o Leuconoe, le cabale orientali. Meglio prendere tutto come viene. Sia che avremo da Giove molti inverni o per ultimo questo che sfianca il mare Tirreno sugli scogli, sii sapiente, filtra i vini ritaglia in spazio breve la speranza lontana. Mentre noi parliamo, fugge, invidiosa, la vita. Afferra il giorno, e assegna quanto meno ti riesce al domani».

La tematica del ”Carpe diem” oraziano è stata affrontata e ripresa anche in campo cinematografico, bastì pensare all’Attimo fuggente: i protagonisti, dei giovani dal futuro già scritto poiché appartenenti a famiglie nobili e importanti, imparano dal loro professore di letteratura quello che è il vero valore della vita. I loro sogni repressi o forse mai nemmeno espressi emergono fuori, capiscono che solo loro sono artefici del proprio destino, che il futuro è solo ed esclusivamente nelle loro mani. Non tutti credono nel presente: è quell’istante che trasforma il futuro in passato, quel momento che vivi ma che non conosci, perché una volta conosciuto
diventa passato.
Con la poesia Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie , anche il poeta ermetico Ungaretti allude alla fugacità e alla precarietà della vita. Infatti la poesia è formata da un’unica e pregnante similitudine, che equipara i soldati alle foglie autunnali, simboleggiando appunto la consistenza effimera dell’esistenza umana durante la guerra. Ed è proprio la tematica della guerra che può spingere l’uomo a riflettere su quanto sia prezioso il tempo: un soldato vede la morte in ogni istante, vede cadere i propri compagni proprio come foglie e si rende conto che quell’istante che sta vivendo potrebbe essere l’ultimo della sua vita. La vita potrebbe essere sconvolta in un attimo: una malattia, un incidente, un problema familiare e pertanto viverla nella sua pienezza e interezza è l’unico modo per non sprecarla.
Al giorno d’oggi si guarda solo lo scopo a cui il tempo è destinato, non al tempo in se stesso: lo si chiede e lo si dà come se fosse una cosa da niente, si scherza col bene più prezioso che ci sia, di cui non ci si rende conto perché è immateriale, perché non lo si vede e perciò lo si stima pochissimo, anzi non gli si dà nessun valore. Ma Seneca invece è convinto che le pensioni, le donazioni, quelle sì che hanno un prezzo e si ricevono volentieri, e per ottenerle si spendono lavoro, fatica ed ogni cura; al tempo invece non si riconosce alcun valore, nessuno ne fa conto. Quando però si è malati, o ci si trova in pericolo di morte, quelle stesse persone che prima non si curavano del tempo, si attaccheranno alle ginocchia dei medici, scongiurandoli di essere guarite e se temono di dover essere punite sono pronte a sacrificare tutti i loro beni pur di continuare a vivere.
Ecco fin dove può spingersi l’incoerenza dell’uomo. E se solo si potesse conoscere il numero degli anni futuri, come avvieni per gli anni passati, quante persone tremerebbero vedendo che gliene restano così pochi?
Dunque alla luce di tutto questo non bisogna guardare alle età future o a quelle passate con condiscendenza, come si trattasse di una mera preparazione per ciò che siamo…e se invece fossimo solo un ultimo bagliore di esse?

CHIARA SCARAVILLI IV A

Precedente CARPE DIEM QUIA OMNIA RELICTA AMISSA SUNT! Successivo RINCORRERE IL TEMPO CHE FUGGE