RAPPORTO TRA FEDE E SCIENZA

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È nel XVI-XVII che cominciano a delinearsi i primi rapporti e i primi scontri tra scienza e fede; fino a quel momento questi due ambiti erano totalmente autonomi e distinti e mai nessuno aveva osato metterli a confronto. Con l’avvento della Rivoluzione Scientifica, periodo nel quale la comunità scientifica abbandona una tradizione di ricerca per adottarne una nuova; i nuovi strumenti e le nuove tecniche cominciano a produrre risultati apparentemente inconciliabili con il testo sacro e con i paradigmi della fede costituendo una minaccia alla verità della Bibbia.Certe scoperte vennero definite distruttive «per il sovvertimento della natura e per la manipolazione genetica del ciclo di vita»(Hobsbawm).

Con la scienza veniva infatti messa in discussione l’infallibilità e cioè l’impossibilità di sbagliare della scrittura, che secondo la teologia cristiana è una conseguenza dell’ispirazione divina della stessa: se la Bibbia è parola di Dio, essa non può errare, perché Dio non inganna gli uomini. Fino a quel momento la Rivelazione Divina era una Verità assoluta, tutto ciò che andava contro di essa era definita eresia. Il problema della verità della Scrittura ha radici molto antiche. Già nei primi secoli ci si rese conto delle contraddizioni interne al testo biblico, tali contraddizioni placate principalmente dagli Apologisti, cioè da colore che difendevano la Bibbia; prendono il nome dalla parola greca apologia che significa “difesa”: essi sono scrittori cristiani vissuti tra i secoli secondo e terzo che con gli strumenti della filosofia condussero una sistematica difesa del cristianesimo. Uno dei più influenti fu San Giustino che affermò di non poter ammettere le contraddizioni delle Scritture preferendo piuttosto ammettere di non comprenderne il significato. Ciò è senz’altro necessario per ogni credente che si accosti alla Scrittura, ma non permette in concreto di compiere molti passi avanti. Dello stesso avviso è Sant’Agostino, che affermò in una lettera a San Girolamo il Vescovo di Ippona che ad un apparente errore del testo sacro avrebbe reagito pensando ad un’imprecisione del codice o ad un errore del traduttore, o ammettendo la propria incapacità di capire. In sostanza fu esclusa e “giustificata” la possibilità che la Bibbia sbagliasse. Tuttavia Sant’Agostino non si limitò a questo ma affermo che: scopo della Bibbia non è quello di formare degli Scienziati ma di portare gli uomini alla salvezza: egli sostanzialmente sottolineò il fatto che la vera essenza della scrittura è un fine religioso. Tale posizione fu ulteriormente accentuata da S. Tommaso D’Acquino che ribadendo la verità della Bibbia, pone una posizione più elastica; nel caso in cui il testo sacro può essere oggetto di diverse interpretazioni, bisogna evitare di considerare vera una sola di esse, lasciando spazio anche a successive analisi razionali che chiariscono punti di vista controversi. Prende in considerazione gli Agiografi: essi rappresentano nella sacra scrittura ciò che si manifestava ai loro sensi, l’agiografo ha riferito i fenomeni per come gli apparivano e seguendo le concezioni ed il linguaggio della sua epoca, quindi è opportuno non dare a tali esposizioni contenute nella Bibbia un valore assoluto, ma si può ammettere che il progresso della conoscenza e della ragione porti a diverse e più adeguate descrizioni degli eventi naturali.«Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di coseche la sorpassano. È ben debole, se non giunge a riconoscerlo. Se le cose
naturali la trascendono, che dire di quelle soprannaturali?». B. PASCAL, Pensieri, n. 139, trad. it. di P. Serini, Torino 1962
Centrale a tal proposito è il “Caso Galilei”; importante non solo per la negazione della concezione geocentrica (che considerava la terra immobile ed il sole che gira attorno) quanto al fatto che Galileo Galilei si faceva sostenitrice di un nuovo modo di concepire la scienza, in cui la scienza stessa sarebbe potuta divenire l’unica ed esclusiva lettura della realtà. Era il 1597 quando Galilei aderì al copernicanesimo contrapposto a quello tolemaico ma gli eventi più saliente sono da collocare tra il 1609 ed il 1610 quando egli costruì il cannocchiale.
Osservando il cielo, poté realizzare una serie di osservazioni che confermarono ai suoi occhi il sistema copernicano e cioè l’esistenza di molte altre stelle oltre il limite che aveva fissato Aristotele corrispondente a cinquantacinque; l’esistenza di irregolarità sulla superfice lunare e la presenza di quattro satelliti di Giove denominati “Pianeti Medicei”; scoperta mai prima sospettata poiché essi risultavano invisibili ad occhio nudo. Tali osservazioni costituivano quindi una confutazione del sistema aristotelico-tolemaico perché un maggior numero di stelle prevedeva un universo più grande rispetto a quanto si era pensato; inoltre osservò le fasi di illuminazione di Venere, che provarono che quel pianeta ruota intorno al Sole e non alla Terra. Nessuna di queste scoperte era una prova a favore del sistema tolemaico e quindi copernicano; ma l’insieme dei riscontri ottenuti da Galileo in così poco tempo, tutti coerenti con l’eliocentrismo, aumentavano considerevolmente le probabilità che l’idea base del copernicanesimo e cioè in sintesi il nostro attuale moto di rotazione della terra attorno al sole, risultasse vincente. Galileo era consapevole della portata rivoluzionaria delle proprie osservazioni ecco perché analizzò con particolare cura le conseguenze che esse comportavano per l’importanza della Sacra Scrittura componendo in termini essenziali le sue tesi e le esponendolo nelle Lettere Copernicanae, allo scopo di affrontare i a questa legati. In essa vengono definiti alcuni principi di fondamentale importanza per risolvere la questione dei rapporti tra scienza e fede, dei quali ancora oggi ne percepiamo la modernità. Per esempio nella lettera a Benedetto Castelli emerge una teoria gnoseologica per la quale la Bibbia e la natura sono entrambe fonti di conoscenza attendibile e assoluta in quanto derivano da Dio e la prima spiega le verità che riguardano la salvezza dell’anima e la seconda le leggi degli eventi naturali. Le difficoltà sorgono quando l’uomo confonde i due ambiti, e soprattutto se ritiene di poter trovare nella Sacra Scrittura le spiegazioni dei fenomeni fisici, anche nel caso in cui queste contrastino con i risultati di un’indagine razionale e sperimentale della natura. Un fraintendimento del genere è dovuto all’interpretazione esclusivamente letteraria della Bibbia, la scrittura come lo stesso Galileo diceva non è un trattato scientifico, ma è stata scritta con uno scopo religioso, quello di guidare gli uomini alla salvezza eterna, ed in questo è veramente infallibile. Tali scoperte misero in moto numerose reazioni, soprattutto dai difensori della tradizione, da coloro che ritenevano l’eliocentrismo un attentato alla verità della Bibbia e quindi della fede cristiana. Sulla scorta della sentenza del Sant’Uffizio nel 1916 la congregazione dell’indice condannò il copernicanesimo e Galileo Galilei fu ammonito con il divieto non solo di continuare a sostenere l’eliocentrismo, ma addirittura di insegnarlo (anche se alcuni studiosi contestano l’autenticità di questo verbale della seduta affermando che allo scienziato sarebbe stato solo notificato che il copernicanesimo era contrario alle scritture e quindi non poteva essere accolto e difeso senza il riferimento alla proibizione di insegnarlo). Il Sant’Uffizio era una delle congregazioni romane istituite nel 1400 per custodire la retta dottrina cattolica e combattere il diffondersi delle eresie e la congregazione dell’indice aveva il compito di vigilare sulla pubblicazione dei libri e proibire ai fedeli la lettura di opere ritenute pericolose per i contenuti contrari alla fede e alla morale cattoliche. (L’indice è stato abolito nel 1966). L’ammonimento effettivamente non aveva prodotto gravi danni nei confronti di Galileo che nel 1623 cominciò ad occuparsi nuovamente e cautamente del confronto tra vecchia e nuova scienza. Nel suo “dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano” pubblicata nel 1632 precisò di ritenere il copernicanesimo niente più che un’ipotesi matematica e di essersi posto l’obbiettivo di spiegare agli eretici i validi motivi della condanna dello stesso da parte della stessa chiesa cattolica. Tuttavia l’impostazione trapelata fu differente. La reazione fu rapida l’inquisitore di Firenze sospese la pubblicazione del Dialogo e nel 1633 il sant’uffizio notificò le accuse che costrinsero Galileo ad abiurare le sue teorie copernicane ritenute eretiche e a giurare di non sostenerle più.
Tali episodi sottolineo il difficile rapporto tra fede e scienza, la rigida chiusura della chiesa nei confronti della ricerca scientifica che a causa della sua naturale forza conservatrice pretende di imporre un controllo oppressivo sulle coscienze; da sempre la chiesa cattolica ha assunto posizioni predominanti ma è importante porre l’attenzione al contesto storico in cui tali fatti accaddero e cioè l’Europa del primo seicento, periodo in cui gli uomini non erano considerati cittadini ma sudditi e in quanto tali lo stato poteva su di essi vantare e pretendere poteri superiori ed assoluti. Però purtroppo a quell’epoca “la maggioranza dei teologi non percepiva la distinzione formale tra la sacra scrittura e la sua interpretazione” che li portò a considerare congiuntamente questi due diversi campi di spiegazione quindi possiamo dire che: “Galileo Galilei si mostrò più perspicace dei suoi avversari teologi” (parole di papa Giovanni Paolo II)

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