CARPE DIEM QUIA OMNIA RELICTA AMISSA SUNT!

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Quando l’uomo si sofferma a pensare sul senso della vita si rende conto di quanto questa sia breve e insignificante in confronto all’eternità dell’universo. Lo scorrere inesorabile del tempo pone l’uomo in una condizione nella quale egli può intervenire solo sul presente e deve quindi cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro. Il treno, insomma, passa una volta sola e come dice il proverbio latino : «Omnia relicta amissa sunt» ogni lasciata è persa, quindi secondo Orazio «Carpe diem» cogli l’attimo!

Questa filosofia di vita è diventata un vero è proprio topos letterario che partendo dalla Grecia antica ha avuto echi fino all’età contemporanea. Alceo, poeta greco del VII- VI secolo, in due dei suoi frammenti invita con queste parole l’amico Melanippo a godere dei piccoli piaceri, perché dopo la morte non ne avrà più la possibilità :« Bevi, Melanippo, fammi compagnia. Già, quando passerai il vorticoso Acheronte, questa luce pura del sole, la vedrai? Non insistere sulle grandi cose. […] Beviamo. le lucerne perché attendiamo? Il giorno è solo un attimo». Anche in un passo della Bibbia viene ripreso questo tema riguardante la brevità della vita e si raccomanda quindi di vivere giorno per giorno :« Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole. Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare». Orazio, come già detto, nelle sue odi riassume lo stesso concetto del Carpe diem rivolgendosi alla fanciulla Leuconoe per avvertirla di non fidarsi del domani o interessarsi del destino poiché la vita è breve, il tempo scorre e bisogna cogliere l’attimo :« Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Ut melius quicquid erit pati!Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero». Catullo nel Carme 5 esorta la donna amata a vivere con passione la loro vita, consapevoli della fugacità di essa, senza curarsi delle critiche altrui, per godersi ogni istante di felicità :«Vivamus mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis. Soles occidere et redire possunt: nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum, Dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum». Non si può,infine, non ricordare la canzone Il trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo de’ Medici dove emergonono esattamente gli stessi temi, si celebra la bellezza della giovinezza fugace e si ricorda di esser sempre felici perché il domani è incerto :«Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia ! Chi vuol esser lieto, sia : di doman non c’è certezza».

MATTIA TRISCALI IV A

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