CU PO’ E NON FA, MORI SCUNTENTU

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L’uomo nel corso del tempo, ha cercato di sviluppare sempre di più il proprio pensiero. Dedicandosi alla riflessione, ha iniziato a chiedersi cosa fosse il tempo e come questo potesse essere utilizzato nel migliore dei modi.
A volte si pensa di essere padroni del tempo e di poterlo sprecare, anche se si ha la consapevolezza che questo non possa più tornare indietro; ecco, allora, che ad emergere a questo punto sono altri i problemi che accompagnano l’uomo, quali la noncuranza, ma anche la fermezza delle proprie scelte.

Sin dai tempi di greci, questo tema è stato trattato dai più grandi poeti, tra cui Mimnermo che scrive: “ἡμεῖς δ’, οἷά τε φύλλα φύει πολυάνθεμος ὥρη
ἔαρος, ὅτ’ αἶψ’ αὐγῆις αὔξεται ἠελίου,
τοῖς ἴκελοι πήχυιον ἐπὶ χρόνον ἄνθεσιν ἥβης
τερπόμεθα, πρὸς θεῶν εἰδότες οὔτε κακὸν οὔτ’ ἀγαθόν·”
Egli in modo particolare si concentra sulla fugacità del tempo che segna il passaggio dalla giovinezza alla vecchiaia, riferendosi ad una similitudine omerica del sesto libro dell’Iliade. Inizialmente Omero utilizza la metafora delle foglie per spiegare come si succedono le diverse generazione nel tempo, dando, dunque, una connotazione positiva. Mimnermo, al contrario, pone al centro dei suoi versi la fugacità del tempo florido e felice, quale è la giovinezza, che dura giusto un attimo e che, successivamente, una volta raggiunta la vecchiaia, non si può fare altro che contemplarla e rimpiangerla.
Questo è il motivo per cui bisogna valutare in maniera accurata come spendere ogni singolo momento che viene messo a disposizione dell’uomo, senza pensare al tempo sprecato o comunque già passato, né tanto meno al tempo che può esserci ancora concesso in un futuro imminente.
Le opinioni dei vari intellettuali sono molteplici: molti pensano che il tempo abbia una sua fondamentale importanza in quanto, ogni singolo momento è un po’ di quello stesso tempo che viene sottratto alla giovinezza; altri invece asseriscono tesi del tutto diverse come nel caso di Seneca che nel “De brevitate vitae”, nel dialogo dedicato a Paolino (49-62 d.C.) scrive: Ex his quod agimus breve est, quod acturi sumus dubium, quod egimus certum. Egli suddivide il tempo in tre momenti: passato, presente e futuro ed ha la sola certezza del passato che non è più preda della sorte. In tutto ciò Seneca vuole far capire all’uomo contemporaneo, il quale si interroga tutt’oggi sulla caducità del tempo, che solo colui che ha saputo impiegare bene il proprio tempo, il vero saggio, ha il privilegio di voltarsi indietro e di guardare al passato, a differenza dell’uomo impegnato in molte attività, il quale non si volta perché timoroso di guardare ad un passato fatto di perdite di tempo. L’espressione che viene tanto utilizzata ai giorni d’oggi, ovvero Carpe Diem che compare nelle Odi dell’insigne scrittore latino Orazio, è stata molto discussa, perché questa, in realtà, può essere inserita in qualsiasi argomento: sia che esso riguardi l’amore o la religione, piuttosto che le diverse situazioni della vita quotidiana. Partendo dalla religione, nel Qoèlet, un testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana, viene scritto: “Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole. Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare. (Qoèlet, 9 9-10)”.
Soltanto in vita l’uomo ha la possibilità di realizzarsi pienamente e quindi impiegare il proprio tempo nel migliore dei modi. È dunque Dio che dà la possibilità a ciascun uomo sulla terra di vivere secondo le proprie scelte e aspirazioni, godendo anche dell’amore di una donna che le sta a fianco, in quanto, una volta passato a miglior vita, l’uomo non avrà più la facoltà di operare e di sfruttare le proprie capacità intellettive, in modo tale da vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo e perseguire quello che tutti chiamano Carpe Diem. Nel XX secolo, sembra non essere presenti delle opinioni che affrontino questo tema da sempre tanto discusso, ma possiamo riscontrare ciò sopra citato nel testo di una canzone di un famoso cantautore emiliano, Luciano Ligabue: “Ci han concesso solo una vita soddisfatti o no, qua non rimborsano mai;E calendari a chiederci se stiamo prendendo abbastanza […].Certi giorni ci chiediamo è tutto qui? E la risposta è sempre sì Non è tempo per noi che non ci svegliamo mai Abbiam sogni però troppo grandi e belli sai.”(Non è tempo per noi, 1990).Capita spesso di pensare se si agisce in modo sbagliato o meno, perché il tempo che ci viene concesso è così breve e le opzioni di un’ipotetica scelta sono molteplici, quindi si giungerà ad una scelta di cui non si ha la piena consapevolezza ed è proprio in quell’attimo che l’esatto momento, da presente, si trasforma in passato immobile. “Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,[…] soles occidere et redire possunt; nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum,”(Catullo, Carme 5). Finalmente giungiamo all’argomento erotico – amoroso che è tema del carme di Catullo, anch’egli famoso scrittore latino del I secolo a.C. Ecco che l’amante induce la propria donna, in questo caso Lesbia, a godere della notte che viene messa a disposizione di ciascuna coppia senza tener conto di tutto ciò che sta al di fuori di loro, come le dicerie che ostacolano qualsiasi intenzione che vaga nella mente umana.
Bisogna agire in maniera assoluta, nel senso latino del termine, senza tener conto di nessun fattore e senza aspettare che tutto ciò che si desidera venga ottenuto nel momento stesso del desiderio, perché “Le persone che aspettano il momento adatto, finiscono per aspettare sempre.” (The carriesdiaries).
Martina Caruso IV A

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