L’amore vero

alessandra
Si può mai pensare che un giorno tutti i capelli diventeranno grigi? Che i denti uno ad uno, deboli come foglie d’autunno, cadranno? Che la pelle stanca smetta di essere luminosa e cominci ad essere sempre più fragile? Questa è la vecchiaia, è l’ultimo stadio della vita. E’ questa la prova che la vita è un ciclo, si nasce deboli, ma in procinto di divenire sempre più robusti e forti, mentre, dopo aver raggiunto il massimo del vigore, il peso, la stanchezza dei travagli della vita iniziano a posizionarsi sulle spalle di ogni uomo per piegarlo sempre di più, un filo di lana che compie il processo inverso, si riaggomitola su se stesso, per poi chiudersi del tutto e abbandonare questo mondo. Ma ci sarà un senso a tutto ciò, d’altronde la vecchiaia non può essere soltanto un lento, ma effimero cammino verso la morte.

La vecchiaia è saggezza, è un recipiente colmo di esperienze; sì è la fine della vita, ma proprio come tale è il momento in cui si fa l’analisi della propria coscienza, si analizza la propria vita e ci si rende conto che sta tutto per finire. E’ l’unico momento in cui davvero si prende consapevolezza dell’mportanza della vita, è il raggiungimento di una meta, è l’attimo in cui ci si mette faccia a faccia con il proprio percorso, e da spettatore ci si gode di tutti i momenti piacevoli o meno che hanno fatto sì che un uomo è ciò che è, che abbia fatto ciò che doveva fare, che gli errori gli abbiano permesso di raggiungere comunque l’età matura e che, dunque, tutto serve a qualcosa. Questo è il vero significato della parola “anziano”, giunto al punto della vita in cui ci si rende conto che “[…] la vita anteriore onorevolmente vissuta coglie infine i frutti dell’autorità.” come sosteneva Cicerone (1). L’uomo anziano è autorevole proprio perchè il suo passato è il presente di un uomo più giovane e, quindi, ha le capacità di saper discernere ciò che è bene da ciò che non lo è, dal momento che tutte le sue azioni, i suoi pensieri gli hanno permesso di evitare o di compiere un errore, quell’errore che tutti potrebbero fare quando non si ha la giusta maturità per concepire le conseguenze.
Un vecchio è “mal vissuto”(2) quando ha trascorso la propria vita senza alcuno scrupolo, sarà allora che la vecchiaia servirà come presa di coscienza o come continua perseveranza, ma un vecchio malvagio si riconosce sin dal primo sguardo come emerge dalla descrizione presente ne “I promessi sposi” (2) “[…] spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa […]”. In ogni caso è vero che il corpo imprime su se stesso i segni del proprio trascorso, ma la vecchiaia può essere sia uno stato fisico che uno stato mentale; si può essere vecchi nell’adolescenza e adolescenti nella vecchiaia, tanto che Seneca al suo allievo Lucilio diceva “[…] non avverto nel mio animo le ingiurie del tempo, mentre le sento nel mio corpo. Soltanto i miei difetti e tutto ciò che era al loro servizio sono invecchiati, l’animo è vigoroso e si rallegra di non avere molto da spartire con il corpo […]” (3), “tutto ciò che era al loro servizio” altro non è che l’aspetto esteriore, il fisico, il corpo che vecchio e vissuto comincia a perdere forze, ma la mente è giovane, la mente sa, la mente è cresciuta parimenti al corpo, ma invece di svilire è sempre più robusta, poiché alimentata dal sapere che si è appreso lungo l’arco dell’esistenza.
Eppure, sebbene l’anziano debba essere degno di onore, molto spesso viene abbandonato nella solitudine della sua vecchia vita, nel solo ricordo, dal momento che la gioventù è sempre impegnata ad inseguire il proprio cammino, senza riuscir a cogliere le cose che andranno via prima di tutte le altre, ma che riconosceranno essere la base solida della propria vita. Come disse un anonimo “Un nonno ti vede nascere sapendo che forse ti lascerà prima degli altri, forse è per questo che ti ama di più degli altri”, i nonni sono i custodi di tutti i nipoti, i grilli parlanti, perché sono lì in silenzio, guardano i propri piccoli da lontano, li guardano crescere, ma sono le uniche figure che con una parola riescono a donare più di quanto qualsiasi altro individuo sia capace di fare. I nonni si prendono cura della propria famiglia, perché è il frutto della loro fatica, è la casa che, mattone dopo mattone, hanno costruito perdendo ogni forza e, dunque, sentono il bisogno di godere fino in fondo l’affetto dei propri cari, riconoscendolo come la ricopensa più bella che la vita possa concedere. Perché negare questo piacere ad un uomo e ad una donna che hanno fatto di tutto affinché il futuro dei propri figli sia dignitoso e migliore del proprio? Loro chiedono solo il bene e la presenza dei figli che hanno curato come i fiori più rari e prestigiosi nel mondo, non chiedono niente più di un bacio, di un segno di gratitudine.
Ormai ognuno appartiene più agli altri che a se stesso. Non tiene conto del fatto che se adesso è cio che è, non è solo merito suo o di chi c’è stato nei bei momenti ed è stato assente in quelli tristi, dimentica di ringraziare chi dovrebbe e abbandonare tutti gli atteggiamenti falsi per ingraziarsi il nemico, dimentica di dover correre tra le braccia di chi c’è sempre, proprio perché chi è sempre presente non lo fa per convenienza, né perché è costretto, dunque non bisogna cullarsi del fatto che il bene dei propri genitori, dei propri nonni sia scontato, anzi, proprio perché è tale deve essere apprezzato e innalzato. E’ opportuno trascorrere del tempo con gli anziani della famiglia poiché loro meritano qualcuno che li accudisca e non li faccia sentire soli, è giusto trasmettere il vero affetto alle persone che sono degne di tale e no a coloro che utilizzano il bene altrui per gingere ai propri obiettivi. I genitori potrebbero abbandonare i propri figli, ma qualora sono stati sempre presenti nella loro vita e non li hanno mai lasciati soli, è dovere dei figli stessi non abbandonare i genitori nel momento della loro debolezza, nella vecchiaia. E’ attestato in due documenti che gli anziani, in particolar modo nei periodi di festa, fanno di tutto per avere qualcuno al proprio fianco, addirittura si fingono malati, come nel caso riportato dall’articolo di giornale di J. Meletti (4) “[…] in questi giorni c’è chi si sente addosso tutti i mali. “Voglio che mi mandiate un medico, mi gira la testa e le gambe non mi tengono su”. Ma poi si scopre che vuole soltanto che qualche parente si faccia vivo”; l’altro testo invece evidenzia il fatto che un uomo in questa società viene apprezzato solo quando è in grado di lavorare e fare favori “Si è veramente utili ed importanti solo se si è produttivi? In un mondo in cui anche il giovane avverte profondamente il dramma della solitudine, a maggior ragione si dovrebbe capire lo stato d’animo dell’anziano […]” (5), un nonno è utile solo quando ha l’energia per tener d’occhio il nipotino, dopo di che viene gettato via come se fosse un fazzoletto sporco; un nonno capisce, gli anziani possono essere meno sani dei giovani, ma ciò non vuol dire che hanno perso la loro sensibilità, anzi, più degli altri comprendono il mondo e sono costretti a soffrire in silenzio per non recare disturbo ai figli, che presi dalla loro intrepida vita, dimenticano la causa che ha permesso loro di appartenere a questo mondo: l’amore della madre e del padre.
ALESSANDRA ANZALONE III A

Cicerone, Sulla vecchiaia, XVII, 62-64
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XIII
Seneca, Lettere a Lucilio, XXVI, 1-2
J. Meletti, E l’anziano telefona al salvavita per battere la solitudine delle feste, in “la Repubblica”, 27 dicembre 2004
C. Benozzo, Panorama di attualità anziani

Precedente La vecchiaia : sede della sapienza della vita Successivo Vecchiaia, un male moderno