IL ROMANTICISMO: IL RIFIUTO DELLA RAGIONE, L’INQUIETUDINE E L’ESPOLRAZIONE DELL’IRRAZIONALE

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Il romanticismo è un movimento artistico, filosofico e letterario che affonda le sue radici in Germania intorno al 1700, per affacciarsi poi nel resto d’Europa nel corso del secolo successivo. Dare una definizione sintetica a questo complesso movimento culturale è impossibile per la vastità del periodo storico su cui si articola, farlo significherebbe schematizzare e irrigidire la mutevole ricchezza del reale. Si possono, però, individuare dei denominatori comuni che si pongono in netta contrapposizione al movimento illuminista.

Il rifiuto della ragione è uno degli aspetti generali del romanticismo europeo: se con il razionalismo si voleva spiegare il mondo con oggettività, con il romanticismo l’uomo si rende conto che la ragione non può spiegare tutta la natura umana, ma deve necessariamente ricorrere al sentimento. Percy B. Shelley descrive la natura divina e irrazionale della poesia, che non può essere guidata dal raziocinio, ma nasce dal sentimento intimo dei poeti. Il suo pensiero emerge da quanto scrive in “La difesa della Poesia”,«La poesia è invero qualcosa di divino. È, ad un tempo, il centro e la circonferenza della conoscenza; è ciò che comprende ogni scienza e ciò a cui ogni scienza deve essere riferita… la poesia non è, come il raziocinio, facoltà da poter essere esercitata secondo le determinazioni della volontà. Non può dirsi: “Io comporrò poesia”. Né i più grandi poeti possono dirlo; poiché la mente creando è come un carbone semispento, cui certe invisibili influenze, come vento incostante, svegliano a un passeggero splendore; ma il loro potere emana dall’intim. Il romanticismo segna, inoltre, un netto ritorno alla spiritualità e alla religiosità, che molto spesso si volge ad indagare un’altra dimensione del sovrannaturale. Novalis sostiene che la poesia è legata al sentimento e come tale ha anche dei legami con il senso mistico, ovvero ciò che è legato al mistero, al personale, all’ignoto e all’infinito e sottolinea l’aspetto irrazionale della creazione poetica, incomprensibile al poeta stesso. Nella sua opera “Frammenti” Novalis dice infatti che: «Il sentimento per la poesia ha molto in comune col senso mistico. È il senso per ciò che è proprio, personale, ignoto, misterioso, da rivelare,…esso rappresenta l’irrappresentabile, vede l’invisibile, sente il non sensibile. La critica della poesia è un assurdo. È già difficile distinguere (eppure è la sola distinzione possibile) se qualcosa sia poesia oppure no. Il poeta è veramente rapito fuori dai sensi; in compenso tutto accade dentro di lui… il sentimento per la poesia ha una vicina affinità col senso della profezia e col sentimento religioso, col sentimento dell’infinito in genere. Il poeta ordina, unisce, sceglie, inventa ed è incomprensibile a lui stesso perché accada proprio così e non altrimenti». Anche con Giacomo Leopardi ne “Lo Zibaldone” dominano la sensibilità, il sentimento e l’immaginazione quando egli dice: «All’uomo sensibile e immaginoso che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi.  Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d’una campana; e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono». Nel romanticismo il soggettivismo, il rifiuto della realtà esterna e della razionalità si traducono poi in una tensione verso l’infinito, in un’insofferenza per ogni limite e costrizione, nell’ansia mistica di superare le barriere del reale per attingere ad una realtà più vera in cui l’io si identifica con la totalità. Nel quadro di Caspar David Friedrich, “Viandante davanti al mare di nebbia” viene presentato un uomo di spalle, vestito negli abiti della Germania medievale, che osserva il perdersi delle nebbie tra le cime di alte montagne. L’uomo stesso appare in cima ad una rocciosa e inaccessibile vetta. La posizione centrale della figura umana costringe a immedesimarsi con il viandante e a partecipare, con lui, all’emozione della visione che ha dinnanzi. Il frequente utilizzo, da parte di Friedrich, di figure di spalle disposte in primo piano sulla scena del quadro, è l’efficace soluzione che l’artista trova per raffigurare la dialettica tra ciò che è vicino e ciò che è lontano, tra il finito e l’infinito, tra l’umana esistenza e la realtà di ciò che appare distante ed eterno. Il movimento romantico fu un inflessibile sostenitore della validità storica; con Manzoni abbiamo, infatti, l’affermazione del genere del romanzo storico e proprio Manzoni nella “Lettera al Marchese Cesare D’Azeglio” delinea i principi generali del romanticismo sostenendo «L’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo». L’arte insomma deve avere per fine l’utilità morale, pedagogica e pratica degli uomini; deve fondarsi sul vero storico e sulla realtà e deve servirsi di una materia che interessi il pubblico. Spesso il misticismo romantico non trova una meta e si risolve in una continua inquietudine, in un senso di inappagamento. Questa inquietudine spinge l’anima a sempre al di là del luogo e del momento presenti, sentiti come limiti angusti e soffocanti. Nell’opera “René” dello scrittore Chateaubriand è fortemente presente il senso di inquietudine che lo costringe addirittura a lasciare la sua patria e a ritirarsi in un sobborgo dove poter riscoprire se stesso. La sua fuga dalla realtà presente si esplica in queste parole:«Vanamente dunque avevo sperato di ritrovare nel mio paese di che calmare l’inquietudine, l’ardore di desiderio, che mi seguono dovunque. […] Mi ritrovai ben presto più isolato nella mia patria, di quanto non lo fossi stato su una terra straniera. Volli gettarmi per qualche tempo in un mondo che non mi diceva nulla e che non mi intendeva. Trattato ovunque come uno spirito romantico, vergognoso della parte che sostenevo, disgustato sempre più dalle cose e dagli uomini, presi la decisione di ritirarmi in un sobborgo per vivervi totalmente ignorato. Trovai da principio abbastanza piacere in questa vita oscura e indipendente».

MATTIA TRISCALI VA

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