DE RERUM MALIS

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Da diversi secoli l’uomo, all’interno del suo animo, è stato tormentato da un dualismo: scienza e fede. Ad oggi è possibile attestare quale forza prevalga sull’altra?
Sarà il tempo a dare delle risposte, ma esisterà sempre quell’individuo che si posizionerà agli antipodi e farà valere le proprie idee e opinioni estremiste. Dunque, nonostante il tempo e le diverse circostanze possano evolvere e modificare il pensiero umano, non è possibile che questo venga sradicato del tutto.

Questo contrasto ha avuto inizio nel XVI secolo quando con la Rivoluzione Scientifica, nasce un nuovo modo di concepire la natura e la scienza; infatti la natura viene vista come un ordine oggettivo, costituisce un oggetto i cui caratteri non sono connessi alla dimensione spirituale e quindi con i fini e i desideri dell’uomo, ma tutto deriva da cause ben precise. Di conseguenza entra in gioco la scienza che non è una semplice annotazione dei fatti, ma partendo dall’esperienza e dall’osservazione dei fenomeni naturali, ne afferma la veridicità attraverso degli esperimenti.
A generare questo conflitto tra fede e ragione sarà proprio la chiusura della Chiesa nei confronti della ricerca scientifica, nonostante alcuni filosofi cattolici non si mostreranno ostili di fronte a questo progresso. Sant’Agostino in opere come “De actis cum Felice Manichaeo” e “De Genesi ad litteram” enunciò un principio importante, secondo il quale lo scopo della Bibbia non è quello di formare degli scienziati, ma di portare gli uomini alla salvezza, pertanto la Sacra Scrittura ha un fine essenzialmente religioso. Bisogna scindere queste due materie in quanto non è stato e non è possibile trovare un punto di incontro tra di esse, proprio perché da una parte la religione è portatrice di una visione del mondo alogica, legata saldamente ai testi della Sacra Scrittura, dall’altra la scienza è in grado di pervenire ad una conoscenza mediante la ragione.
Naturalmente, da perfetti cattolici, non si può considerare dubbia la verità della Bibbia, infatti lo stesso San Tommaso d’Aquino asserisce che, poiché esistono diverse interpretazioni del testo sacro, non è possibile affermare come assolutamente vera solo una di esse, ma bisogna lasciare spazio anche alle analisi razionali che possano chiarire i punti contrastanti (Summa Theologiae I, q. 68, a. 1).
Tutto questo però non sarebbe potuto emergere se non ci fosse stato un cambiamento in ambito socio-culturale che ha appunto posto i presupposti per una nuova visione della scienza che ha permesso ai diversi scienziati di distaccarsi dalle leggi imposte da Dio e basarsi su fatti realmente esaminati. È stato inizialmente lo scienziato polacco Niccolò Copernico che, nella sua opera “De Revolutionibus Orbium Coelestium” (1532), contrasta alcune asserzioni della Scrittura secondo la quale, in ambito astronomico, sia il Sole a ruotare intorno alla Terra, e non viceversa. L’eliocentrismo copernicano comporterà delle conseguenze in ambiti culturali e nella mentalità comune, legata ancora alla tradizione religiosa, dunque si perverrà ad un totale distacco con la realtà del passato.
Come ben si sa, anche il caso di Galileo Galilei è uno degli episodi più noti della storia della Chiesa, e ha prodotto degli effetti nella concezione dei rapporti tra scienza e fede. Egli venne contestato proprio perché confermava la teoria di Copernico e la Chiesa, in merito a ciò, volle attribuire ai testi sacri anche l’obiettivo di istruire l’uomo in ambito scientifico.
La Chiesa tentava di mostrare la superiorità della Sacra Scrittura, quindi della religione, sulla scienza, per di più mirava ad integrarla in essa e creare un rapporto di subordinazione, ed infine modellarla secondo le volontà dettate da Dio.
Giovanni Paolo II, nel Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (31 Ottobre 1992, n.9), mostra d’essere consapevole degli errori commessi dalla Chiesa, riguardo al caso Galilei e che quest’ultimo costituisse un preteso rifiuto del progresso scientifico e probabilmente, proprio per questo motivo, alcuni uomini di scienza elaboreranno un pensiero basato sull’incompatibilità tra lo spirito della scienza e la fede cristiana.
Lo stesso Papa continua ancora con queste parole: «la distinzione tra i due campi del sapere non deve essere intesa come un’opposizione. I due settori non sono del tutto estranei l’uno all’altro, ma hanno punti di incontro. Le metodologie proprie di ciascuno permettono di mettere in evidenza aspetti diversi della realtà» (n.12). C’è dunque qualcuno che, attraverso i suoi scritti, fa intendere che esiste ancora uno spiraglio di luce che possa portare ad un ricongiungimento tra fede e scienza che in realtà sembrano non essere mai state opposte o, addirittura, nemiche, ma presentano semplicemente principi e punti di riferimento differenti.
A partire dall’episodio riguardante Galileo Galilei, verrà conferita così tanta libertà alla scienza che quest’ultima sarà in grado di seminare terrore e modificare la natura delle cose. Giunti al XX secolo non si è in grado di capire se le scoperte e le rivoluzioni avvenute in campo scientifico siano state un bene o meno, proprio perché col tempo si è ottenuto un progresso che ha suscitato il sospetto di tutta la popolazione che ha dato vita ad una serie di riflessioni, riconoscendo il rischio che si corre a causa del cattivo modo di utilizzare il progresso della scienza.
«[…] I sospetti e la paura verso la scienza sono stati alimentati da quattro sentimenti: che la scienza è incomprensibile; che le sue conseguenze pratiche e morali sono imprevedibili e forse catastrofiche; che essa sottolinea la debolezza dell’individuo e mina l’autorità. […] Nella misura in cui la scienza interferisce con l’ordine naturale delle cose, essa risulta intrinsecamente pericolosa» (E. Hobsbawm, Il secolo breve, trad. it., Milano 1995).
MARTINA CARUSO IV A

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