Crede ut intelligas o Intellige ut credas?

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La querelle tra ragione e fede è sempre stato oggetto di dibattito nel corso dei secoli e nonostante tutto questo, dopo moltissimi anni, ancora non è mai stato decretato un vero e proprio vincitore, poiché sia la chiesa sia la scienza possiedono punti a loro favore e sfavore quindi alcuni studiosi e anche alcuni uomini di chiesa sono giunti alla conclusione che il rapporto tra ragione fede è sincronico. Di seguito si analizzano i punti a favore e a sfavore di scienza e fede.

La scienza come dice la stessa parola è amore disinteressato per il sapere, quindi indaga tutti i campi a partire dal macrocosmo fino ad arrivare al microcosmo e si può dire che riesce a dare una risposta esaustiva a quasi tutte le domande che vengono poste relativamente al campo fisico, ma è una la domanda a cui la scienza non è mai riuscita a dare una risposta esauriente ovvero se Dio esista o non esista; e proprio qui subentra il campo d’indagine della fede la quale non deve dare una risposta scientifica ai suoi perché anzi non si pone nemmeno la domanda poiché afferma che Dio esiste e che non ci può essere stato nulla prima di Lui. L’una dunque esclude l’altra in quanto hanno campi d’indagine diversi. Tale dibattito sfociò nei secoli scorsi anche con manifestazioni violente da parte della Chiesa come per esempio il Tribunale del Sant’Uffizio il quale condannò con pene severe moltissime menti geniali. Tra essi Giordano Bruno che affermò che Dio possiede due nature, una trascendente poiché è superiore alla natura in ogni sua forma e una immanente in quanto anima del mondo poiché sussiste nella sostanza di una cosa e non va mai oltre essa. Chiaramente la Chiesa lo dichiarò un eretico, ma gli offrì la possibilità di abiurare quindi rinunciare a tutte le sue tesi riguardanti la natura divina; Giordano Bruno rifiutò poiché sarebbe apparso come un ipocrita e preferì morire martire della scienza. Ma adesso ci si potrebbe porre una domanda ovvero perché la Chiesa non accettava tesi che non coincidessero con quelle professate nelle Sacre Scritture? La risposta è molto semplice e cioè per questioni di potere perché già la Chiesa era attaccata dalla riforma Protestante che stava riscuotendo un enorme successo e inoltre accettare tesi che sminuissero ancora di più il suo potere significava il quasi totale fallimento della dottrina cattolica. Per tali ragioni la Chiesa commise atti di enorme crudeltà nel nome di Dio. Galileo Galilei, sostenitore della teoria Copernicana, fu costretto ad abiurare per avere salva la vita ma fu ugualmente punito con anni di prigionia e il divieto di divulgare le proprie ricerche. B.Brecht nella “Vita di Galileo” scrive: «se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei poteri egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiacca per sempre, ed ogni nuova non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo». Ha chiaramente ragione poiché nessuno ha il diritto di vanificare il lavoro di un altro solo perché è in disaccordo, ma purtroppo la Chiesa, possedendo un enorme potere, ha potuto compiere atti abominevoli senza rendersi conto della sua posizione perché essa è formata da uomini ugualmente fallaci e corruttibili. Si potrebbe fare un parallelismo con la politica odierna poiché questo concetto non vale solo per la Chiesa, ma anche per la scienza infatti se si pensa, come sostiene E.Hobsbawm, alla «politicizzazione della scienza che toccò il suo culmine nella seconda guerra mondiale», si può facilmente arrivare alla costruzione della bomba atomica, un’arma di distruzione di massa così devastante in grado di provocare danni che si possono ancora osservare pensando per esempio alle città di Hiroshima e Nagasaki. La scienza quindi non è solo la vittima di questo enorme conflitto e deve riconoscere le proprie lacune proprio come scrive Pascal nella sua opera “Pensieri” «Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano. È ben debole, se non giunge a riconoscerlo. Se le cose naturali la trascendono, che dire di quelle soprannaturali?».
Quindi la scienza deve indagare sulla natura delle cose senza che nessuno possa impedirglielo neanche coloro che hanno il potere e ne abusano come ha fatto la chiesa in passato e come fa la politica oggi perché conoscere non è un reato o un atto blasfemo, il sapere è il cibo della mente e anzi è l’ignoranza che atrofizza il cervello. Rita Levi Montalcini nel discorso tenuto il 13 febbraio 2001 nella sala della biblioteca di Montecitorio disse:« Ho speso tutta la mia vita per la libertà della scienza e non posso accettare che vengano messi dei chiavistelli al cervello: l’ingegno e la libertà di ricerca è quello che distingue l’Homo Sapiens da tutte le altre specie… solo in tempi bui la scienza è stata bloccata. Oggi più che mai bisogna affermare il principio che gli scienziati hanno il diritto di partecipare alle decisioni politiche piuttosto che essere vittime di movimenti oscurantisti ed antiscientisti». In conclusione bisogna ammettere di non sapere nulla e proprio questo deve spingere alla ricerca costate di una verità ogni volta diversa e che non sia Dio poiché non è un campo di competenza della scienza, mentre la fede non deve porsi alcuna domanda perché essa non si può acquisire ma si ha già e il vero credente deve rispettare le opinioni altrui senza criticarle perché per lui la verità è una sola ed è quella divina. Quindi, ritornando alla domanda iniziale, Crede ut intelligas o Intellige ut credas? non si può ancora dare una risposta perché il sapere terreno e il sapere divino sono due campi talmente vasti che la ragione umana singolarmente non potrà mai svelare come neanche la fede perciò bisogna giungere alla conclusione e cioè che ragione e fede siano paralleli e dove non può arrivare una deve subentrare l’altra in modo tale da abbracciare tutto ciò che può e non può essere conosciuto.
Saverio De Luca IVA

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